L’evoluzione della rete distributiva. Come si arriva a definirne una nuova?

21 Gennaio 2019

Quando un’azienda nasce di solito si presenta di piccole dimensioni e quindi con un unico stabilimento ed un numero ristretto di clienti da servire. Normalmente le consegne ai clienti avvengono quindi direttamente dallo stabilimento di produzione senza ulteriori passaggi intermedi.

Successivamente l’azienda vive una fase di sviluppo del business in termini sia dimensionali sia geografici. Aumentano i prodotti (che possono essere fabbricati in stabilimenti diversi) e i clienti (che possono essere localizzati anche in zone più distanti da quelle dei clienti originari).

A questo punto, per servire con un mix completo i clienti più lontani, potrebbero essere necessarie le prime infrastrutture locali dalle quali far transitare le merci prima di consegnarle a clienti.

Ma non basta, bisogna incrementare anche il servizio al cliente. Per ottenere questo servizio è spesso indispensabile organizzarsi con una rete distributiva molto complessa sviluppata su più livelli (stabilimenti, depositi regionali, depositi locali, ecc.) che consenta di collocare le merci sempre più vicine ai numerosissimi e distribuiti clienti.

Considerando la componente del sistema logistico “rete distributiva” da un punto di vista evolutivo, e quindi analizzando come cambia generalmente una rete durante la vita di un’azienda, possiamo individuare sostanzialmente due grandi cambiamenti:

1. Il consolidamento della posizione di mercato

Dopo la fase di espansione, l’azienda normalmente incorre in una fase di consolidamento della propria posizione di mercato e quindi del proprio business e dei propri clienti. In questa fase il concetto ispiratore di ogni strategia è molto spesso un concetto di efficienza. In pratica si intende continuare ad offrire un ottimo livello di servizio ma si vuole farlo senza sprechi.

La rete distributiva viene quindi analizzata attentamente e spesso razionalizzata: rimangono ovviamente gli stabilimenti ed anche i magazzini regionali; diminuiscono un poco i depositi locali. Questo sia perché forse si era esagerato e sia forse anche perché sono aumentati i clienti che effettuano ordini consistenti che possono quindi essere evasi anche direttamente dallo stabilimento o dal magazzino regionale.

2. La ricerca della redditività

Questa ricerca è dominante sia in caso di buon andamento del business (si è investito abbastanza ora bisogna raccogliere i frutti) sia in caso di “crisi all’orizzonte” (bisogna fare solo scelte che garantiscano un utile immediato).

In queste situazioni la rete si modifica un’altra volta. In pratica il processo di razionalizzazione avviato nella fase precedente assume un connotato più marcato e tutte le strutture ne risentono: meno stabilimenti, meno depositi, meno clienti (restano solo quelli più importanti). In pratica la rete distributiva assomiglia ora a quella corrispondente alla prima fase di nascita dell’azienda.

L’andamento delle principali variabili logistiche al variare della complessità della rete

Le variabili che intendiamo considerare sono 7:

1. Servizio al cliente

Con una rete distributiva complessa si ottiene normalmente un livello di servizio al cliente più alto che con una rete snella. Con molti nodi/magazzini pieni di scorte e vicini ai clienti aumenta la possibilità di servire più rapidamente i clienti.

2. Costo trasporto primario (da nodo a nodo)

Con una rete distributiva complessa si genera normalmente un costo del trasporto primario più alto che con una rete snella. In presenza di molti nodi/magazzini è necessario effettuare numerosi trasferimenti di merce da nodo a nodo.

3. Costo distribuzione locale (da nodo a cliente)

Con una rete distributiva snella si genera normalmente un costo della distribuzione locale più alto che con una rete complessa. In presenza di pochi nodi/magazzini la consegna finale delle merci ai clienti avviene percorrendo generalmente tratte più lunghe.

4. Investimenti fissi in strutture

Una rete distributiva complessa è una rete distributiva “composta” da diverse strutture (magazzini). Poiché tali strutture, in un modo o nell’altro, costano, una rete distributiva complessa è una rete che deve sostenere più investimenti in strutture fisse di una rete snella.

5. Investimento in scorte

Che senso avrebbe disporre di una rete distributiva con molti magazzini (e quindi complessa) per poi tenerli vuoti? Nessuno. Pertanto una rete distributiva complessa è una rete che normalmente prevede ingenti investimenti in scorte di prodotto finito che in questo modo sono a disposizione in punti vicini ai clienti. Al contrario una rete snella (con pochi magazzini) sarà ovviamente una rete con poche scorte.

6. Efficienza mano d’opera

L’efficienza della mano d’opera (intesa come produttività distributiva) in un rete distributiva snella è normalmente superiore che in una rete distributiva complessa. Normalmente infatti pochi grandi magazzini sono meglio organizzabili (al limite automatizzabili) di molti piccoli magazzini. Una buona organizzazione garantisce conseguentemente una migliore efficienza.

7. Costi generali

I costi generali di gestione sono normalmente proporzionali al numero delle strutture fisse da gestire. Pertanto reti distributive complesse devono normalmente sostenere un onere di costi generali superiore a quello che devono sostenere reti distributive semplici.

Come definire una nuova rete distributiva?

La definizione di una nuova rete distributiva può avvenire attraverso 5 passi principali:

1. Mappatura dei flussi

Si tratta di “fotografare” il flusso di merci che dovrà transitare nella nuova rete distributiva per giungere ai clienti e quindi comporre una tabella fonti-destinazioni con l’indicazione dei quantitativi di merce da trasferire.

2. La scelta del livello di servizio da offrire ai clienti

Si tratta in sostanza di definire con che velocità e puntualità e precisione di consegna l’azienda intenderà servire i propri clienti. Questo è importantissimo perché noi dovremo costruire un sistema logistico che sia in grado di erogare effettivamente quel servizio che riteniamo determinante per essere competitivi.

3. L’identificazione di configurazioni compatibili

Si tratta di pensare ad un certo numero di combinazioni (4 o 5 al massimo) di magazzini di stabilimento, magazzini centrali, depositi periferici, transit point, che razionalmente distribuiti sul territorio consentano di effettuare efficacemente le consegne delle merci ai clienti.

4. La stima dei costi logistici

Si tratta in sostanza di calcolare i costi logistici potenziali relativi a ciascuna delle configurazioni immaginate al punto precedente. In pratica bisogna simulare il funzionamento della rete e quindi immaginare quali costi si potranno generare gestendo il flusso di merci aziendale nelle varie ipotesi di rete precedentemente definite.

5. La scelta finale

Sulla base di tutti gli elementi e di tutte le considerazione effettuate fino ad ora, si i tratta in sostanza di scegliere la configurazione migliore per la rete distributiva dell’azienda.

In teoria la cosa sarebbe molto semplice: scegliere la configurazione che presenta il minor costo logistico totale, però si possono presentare due problemi:

  • L’elasticità dei costi al variare dei flussi
    È importante provare a simulare i costi delle varie alternative con flussi leggermente diversi per capire come rispondono le diverse configurazioni. È chiaro che una configurazione poco elastica al variare dei flussi, se non è molto più costosa delle altre, presenta un vantaggio in più.
  • L’aspetto organizzativo
    Cosa dobbiamo fare se due o più configurazioni presentano più o meno gli stessi costi? Scegliere quella che presenta la minor complessità organizzativa. Se questa operazione presenterà pochi problemi tutto il progetto sarà un successo, diversamente sarà stato tutto inutile.

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