Qual è il quantitativo di merce perfetto da conservare come scorta?

31 Gennaio 2019

Questa è la vera domanda che tutti si pongono e a cui nessuno sa dare una risposta concreta. Di solito si parla sempre di problemi, si analizzano dal punto di vista teorico e alla fine non viene mostrata una soluzione da applicare.

Gran parte delle aziende decidono i quantitativi di merce da conservare a scorta in modo soggettivo, basandosi sull’esperienza e l’intuito. Il famoso “ad occhio direi che ce ne servono 500”. In realtà, gli elementi dei quali bisognerebbe tenere conto in modo oggettivo prima di effettuare certe scelte sono tanti e tutti molto importanti.

Spesso però alcuni fattori vengono sottovalutati, tra cui:

  1. Le caratteristiche specifiche dell’articolo.
  2. La domanda prevista ed il possibile prezzo futuro.
  3. Le possibilità di rifornimento, ovvero la reperibilità del prodotto e i tempi di consegna.

Inoltre, un po’ per pigrizia e un po’ per mancanza di tempo si tende a voler effettuare ordini enormi trascurando due fattori rilevanti nella gestione aziendale:

  • Costi (e ricavi) connessi all’esistenza o alla mancanza di scorte;
  • Obiettivi specifici per i quali viene conservata una certa quantità di scorta.

Tra i costi di gestione delle scorte ne individuiamo 5:

  1. Costo di acquisto/produzione
    È l’importo che si paga al fornitore o l’importo che si deve imputare come costo complessivo di produzione. Si tratta di un vero costo di gestione delle scorte solo se il prezzo pagato al fornitore (o il costo di produzione) variano al variare dei singoli lotti di acquisto/produzione (in pratica se c’è la possibilità di usufruire di sconti di quantità).
  2. Costo di ordinazione
    È il costo che si sostiene per il fatto stesso di emettere un ordine e di dovere quindi poi procedere allo svolgimento di attività come il ricevimento della merce, il controllo o lo stoccaggio. È un costo indipendente dal quantitativo acquistato ed è formato ad esempio da costi di personale, processamento dei documenti di acquisto, oneri bancari, spese di elaborazione dati.
  3. Costo di conservazione
    È il costo che un’azienda sostiene per il semplice fatto di conservare merce in magazzino. Questa merce infatti immobilizza capitali, occupa spazio e, a volte, richiede manutenzione. Questo costo è costituito sia da componenti che non cambiano al variare del quantitativo di scorta (affitto magazzino, personale dedicato, ecc.) sia da componenti proporzionali al variare del quantitativo di merce (assicurazioni, interessi sul capitale investito, ecc.). È comodo esprimere il costo di conservazione in percentuale rispetto al valore della merce conservata in una certa unità di tempo.
  4. Costo di invecchiamento
    È il costo legato al deperimento di tipo fisico e/o tecnico (obsolescenza) delle merci che sostano a lungo in magazzino. Questo costo può essere espresso in 2 modi diversi:
    – Come percentuale annua del valore della merce a magazzino (ad esempio possiamo dire che il magazzino si “deprezza” del 3% all’anno).
    – In euro per unità di merce rimanente a magazzino a fine anno. In questo caso l’importo potrebbe essere calcolato come differenza fra il prezzo di vendita ed il prezzo di realizzo.
  5. Costo di penuria
    È il costo che deriva dall’impossibilità di evadere con prontezza la domanda a causa della mancanza della merce. Se il cliente è disposto ad attendere (ad esempio se si è in situazione di monopolio) il costo di penuria può non esistere affatto o può misurarsi in euro per unità mancante e per unità di tempo (è il tipico caso di penali per ritardata consegna). Se il cliente non è disposto ad attendere (caso più frequente) l’azienda perde la vendita e quindi si deve registrare un mancato guadagno da esprimere in euro per unità mancante.

Gli obiettivi aziendali possono essere percepiti diversamente dalle differenti funzioni aziendali, ma sono senz’altro riconducibili ad un unico obiettivo: massimizzare il profitto.

Il reparto commerciale potrebbe spingere a mantenere scorte alte per evitare ritardi di consegna, l’ufficio acquisti per ridurre i costi unitari e la produzione per ridurre i costi unitari alzando i lotti di produzione. Ma dall’altra parte avremmo l’amministrazione e il controllo di gestione che reclama una gestione a scorte basse per minimizzare i costi economico-finanziari e il che vorrebbe minimizzare i quantitativi da conservare/mantenere.

Tutto ciò si deve tradurre però nel fornire un livello di servizio adeguato (al tipo di prodotto, di azienda, di concorrenza, di clienti) in grado di garantire il miglior rapporto fra ricavi e costi.

Per fare ciò bisognerà prima avere disponibile una serie di informazioni:

  1. In merito alle entrate.
  2. In merito alle uscite.
  3. In merito ai vincoli.
  • I fornitori e le loro abitudini
    Chi gestisce le scorte deve conoscere bene i suoi fornitori attuali e futuri. Se sono numerosi, se ci sono più alternative di approvvigionamento, se sono scarsi ci sono più possibilità di fare accordi di partnership che garantiscano efficacia ed efficienza nel rifornimento. È bene inoltre saper qual è la loro velocità di consegna, la loro puntualità, ed anche la loro capacità di saper soddisfare fabbisogni urgenti o eccezionali.
  • Il prezzo
    Il prezzo alto o basso di un materiale o di un prodotto impatta direttamente sull’investimento che l’azienda deve sostenere. La sua variabilità può condizionare l’anticipo o il posticipo col quale devono essere pianificati gli approvvigionamenti o le produzioni.
  • I lotti prefissati
    Tutti i sistemi produttivi e quasi tutti i fornitori impongono lotti minimi prefissati al di sotto dei quali non è possibile produrre o acquistare un determinato prodotto. I lotti minimi sono forse gli elementi che impattano maggiormente sul livello di scorte che le aziende conservano normalmente in quanto possono imporre il rifornimento di quantitativi superiori alle reali necessità.
  • Le condizioni di pagamento
    Un’azienda che acquista o produce prima del necessario (molto prima che si verifichino i consumi o le vendite), vede aumentare i suoi costi di conservazione. Questo viene senza dubbio attenuato dai tempi entro i quali avvengono i pagamenti ai fornitori. Finché la merce non viene pagata, l’immobilizzo di capitale di fatto non sussiste.
  • I clienti e le loro abitudini
    Come per i fornitori, il gestore delle scorte deve saper bene chi sono i suoi clienti attuali e futuri. Se sono molto attenti al servizio, mal sopporteranno eventuali rotture di stock, se sono poco attenti al servizio, è sensato prendersi qualche rischio cercando di minimizzare le scorte di sicurezza. È fondamentale sapere anche se questi clienti sono sempre gli stessi o se cambiano frequentemente: non si può soddisfare una domanda se non la si conosce bene.
  • Deperibilità ed obsolescenza della merce
    Ci sono prodotti che non si possono conservare a lungo perché scadono e ci sono prodotti che hanno durata illimitata. Ci sono prodotti che non cambiano mai ed incontrano sempre i favori del mercato e ci sono prodotti che, pur restando integri, rimangono ad impolverarsi in magazzino. Il gestore delle scorte deve conoscere bene tutti i suoi prodotti. Tutti hanno i loro costi di conservazione, ma alcuni li hanno più alti degli altri e le gestioni speculative (sconti quantità) su prodotti deperibili o a rischio di obsolescenza sono gestioni che possono costare caro.
  • La domanda futura
    È una delle informazioni più importanti ed al contempo più difficili da ottenere. Un’azienda (che non lavora con ordini in mano) non può rassegnarsi a non fare previsioni e quindi vale sempre la pena di provare ad utilizzare a tal fine sistemi scientifici. Ricordiamo anche che le previsioni dovrebbero farle il marketing o il commerciale, ma, se questi enti non le fanno, il compito passerà al gestore delle scorte.
  • Spazio disponibile
    Lo spazio disponibile a magazzino è un vincolo che può influenzare moltissimo la gestione delle scorte. Per esempio, uno spazio ampio consente di effettuare approvvigionamenti in grandi lotti che semplificano le attività di ricevimento delle merci ma che ovviamente ingombrano tutto il magazzino. Uno spazio piccolo invece costringe a rifornimenti frequenti e ben organizzati. A volte nel mondo del lavoro si verifica un paradosso: le aziende meglio organizzate sono quelle che hanno una scarsa disponibilità di spazi. Questo perché si affidano a tecnologie automatiche verticali (questo video è l’esempio migliore: Riorganizzare il magazzino con l’automazione: soluzione di stoccaggio verticale per NR).
  • Risorse interne per la gestione
    Si tratta di tutte quelle risorse come la disponibilità di operai e di magazzinieri o come i sistemi di automazione per le operazioni di stoccaggio e prelevamento che impattano in modo sostanziale sulle prestazioni dei processi di rifornimento e di distribuzione. Le aziende che hanno investito meglio ottengono degli indubbi vantaggi competitivi.
  • Vincoli finanziari
    Le aziende “più ricche” stanno sempre meglio di quelle più povere, anche in ambito logistico. È forse una banalità ma è proprio così. Chi ha risorse finanziarie può scegliere fra lotti grandi e lotti piccoli, fra scorte speculative e scorte solo fisiologiche, fra magazzini automatizzati e magazzini manuali, fra magazzini grandi e magazzini piccoli, fra gestione interna o gestione in outsourcing.

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